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      Le Upanishad - i testi sacri dello yoga della trad Le Upanishad - i testi sacri dello yoga della tradizione vedica - concordano nel dire che la vita umana è un fenomeno multidimensionale. Le dimensioni che lo compongono sono indicate come 'Kosha' - letteralmente ‘livelli’.

I Kosha si riferiscono agli ‘strati’ di cui è costituito il nostro essere: la tradizione indiana ne indica cinque. 

Il primo strato è detto anamaya-kosha, il rivestimento del cibo. È in questo livello che viene collocato il corpo fisico, “fatto di cibo”.

Il secondo strato è detto pranamaya-kosha, il rivestimento del respiro. Il respiro ossida il cibo. Il respiro si trasforma in vita.

Il terzo strato è detto manomaya-kosha, il rivestimento della mente. La coscienza del corpo che coordina i sensi con il senso di io che pensa di essere ciò che sono. 

Da qui in poi c’è un grande salto.

Il quarto strato è detto vijnananmaya-kosha, il rivestimento della saggezza, del trascendente che si riversa in noi. È l’intelligenza che guida i processi di vita.

Infine, il quinto strato - all’interno del rivestimento della saggezza - è quello della felicità: anandamaya-kosha, il nucleo della trascendenza in sé e di sé. 

La vita è manifestazione della felicità ma manomaya-kosha, il rivestimento mentale, è attaccato alle sofferenze e ai piaceri del rivestimento del cibo (il corpo). Il rivestimento mentale pensa in termini di coppie di opposti: piacere e sofferenza, bene e male. Il rivestimento della felicità contiene tutti gli opposti.

La pratica dello yoga nidra ci consente di sensibilizzarci all’ascolto di ciascun kosha, di riportare il rivestimento mentale in contatto con il rivestimento della saggezza e ritrovare l'‘interezza’ perduta.

@serena__mancini
      Il corpo segna il limite tra il mondo analogico e Il corpo segna il limite tra il mondo analogico e digitale? Oppure è l'anello di congiunzione/strumento di comunicazione tra i due?

Non avevo mai partecipato a un podcast finora. La domanda sul rapporto fra corpo e tecnologia mi ha traghettato in una prima volta e mi ha dato un bel po’ da riflettere.

Le domande, sopratutto quelle impostate in termini polari, mi provocano una corto circuito mentale.

Lo stallo mi costringe a osservare meglio la domanda, ad assaporarne la tensione e, in genere, mi convince di più rimanere nella sospensione che trovare una posizione risolutiva. 

Tu ci avevi mai pensato?

Dov’è il tuo corpo mentre leggi una newsletter? 

Dov’è mentre scrolli il feed di Instagram o quando reagisci a una notifica in whatsapp? 

Dov’è mentre segui una lezione online? 

Se il corpo non partecipa della nostra esperienza nel mondo virtuale, quale parte di noi si muove e fa esperienza nel digitale?

Quale parte torna 'qui' nel mondo analogico?

E - ancora più radicalmente - cos’è corpo?

La pratica dello yoga mi ha insegnato che il corpo non é un oggetto predefinito che sta lì, puro strumento al servizio di qualcos’altro (la mente).

Quello che chiamiamo corpo è un processo in costante cambiamento. Non è una singolarità, ma una moltitudine di entità che operano in modo simultaneo e collaborativo per rendere possibile la vita.

Dove inizio io in tutto questo processo intelligente di vita? 

Cosa sostiene la vita in me? 

La visione scientifica e materialistica del corpo da questo punto in poi non può più sostenermi nella ricerca. 

Mi trovo in prossimità del mistero. Ciò che può essere detto lascia il posto all’indicibile.
​
​Lo yoga e la sua ricerca possono accompagnarmi nell'esplorazione da qui in poi, attraverso un'esperienza di cui posso avere consapevolezza anche senza poterla dire.
      “Riconoscere Chaya la nostra ombra segreta” è “Riconoscere Chaya la nostra ombra segreta” è il titolo del seminario di Yoga di Gabriella Cella di domenica prossima. 

Partiamo da una definizione di OMBRA:
“Il termine indica la zona oscura, o di minor luminosità, di una superficie, prodotta dal fatto che tale zona non è esposta alla luce, oppure dall'interposizione, tra la superficie e la sorgente di luce, di un corpo opaco”.

Uno dei significati più conosciuti di “ombra”, in Occidente, è quello che viene della psicologia junghiana. La complessità del pensiero di Jung non permette di darne un’unica definizione, anche se, semplificando, si possono dire diverse cose dell’ombra.
L’ombra può indicare:
Il lato oscuro della personalità, contrapposto all'Io cosciente.  
Quel lato 'oscuro' della personalità, che contrasta con le parti 'luminose' e coscienti, che viene rifiutato o rimosso.
Quella parte, spesso emotiva e istintuale, della personalità, che è negata perché non è in armonia con l’immagine di sé.
L’opposto complementare della coscienza, ciò che rifiutiamo di riconoscere come parte di noi stessi.

Puó essere interessante soffermarsi anche sulla sua potenza evocativa e descriverla con l’uso di immagini. 
L’ombra richiama allora il contrasto - ma anche la complementarietà - tra luce e ombra, tra ciò che è illuminato o luminoso e ciò che rimane oscuro.

Se invece ci spostiamo in Oriente, la mitologia induista racconta che Samjna ‘Conoscenza’, moglie di Surya, dio del sole, incapace di sostenere la luce abbagliante e lo splendore del marito, decise di abbandonarlo per rifugiarsi nell’ombra delle selve, lasciandogli però, in sua sostituzione, Chaya ‘Ombra’, in tutto e per tutto simile a lei.

Se e come tutte queste suggestioni possano “tradursi” in una pratica yoga lo scopriremo domenica mattina. 
Come sempre non sappiamo nulla della pratica che Gabriella guiderà, questi spunti sull’ombra potrebbero essere anche fuorvianti. 
Come sempre non si tratterà di un seminario teorico ma di una lunga pratica yoga che parte dalla ricerca personale della maestra, che ci guiderà a cercare l’ombra nel corpo e attraverso il corpo. 

Siamo curiose quanto voi!

(Le iscrizioni chiudono domani, tutte le info al link in bio)
      @semi.yoga.arte.storie
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